Sabato, 27 aprile 2024 - ORE:06:48

Le nuove tecnologie da umanizzare

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Da quando Isaac Asimov pubblicò i suoi racconti di fantascienza, ripresi da Hollywood nel film “Io, Robot“, una nuova dimensione del reale è stata svelata. Non basta più, infatti, il dubbio amletico a tormentare l’uomo, ma ormai il quesito è “essere o non essere…robot?” e tutti, più o meno, noi ci facciamo i conti ogni giorno: dal pacemaker del nonno alle gambe artificiali di Pistorius. La nostra vita è sempre più integrata dalle nuove tecnologie.

L’idea di qualche decennio fa era che il futuro sarebbe stato abitato da umani e macchine, in perfetta simbiosi tra loro. Gli scenari ipotizzati vedevano robot totalmente umani nell’aspetto e spesso nei comportamenti, come C3PO in Star Wars, e addirittura assetati di sangue come nella pellicola interpretata da Will Smith.

Il progresso ha fatto vedere che il mondo della robotica non è ancora giunto a simili “traguardi”, ma è ormai imprescindibile per la vita umana. A cominciare dalla medicina.

Le nuove tecnologie si dovrebbero umanizzare

Questa sua applicazione fa nascere immediatamente delle domande: è giusto unire tecnologia e corpo umano? O quantomeno usarla per lottare contro una malattia, colmare una mancanza fisica? Potrebbero sembrare dubbi assurdi, in un’epoca dove l’universo 2.0 lotta contro i tumori, guarisce le leucemie, ridà la possibilità di correre a chi ha perso le gambe.

Ma c’è una branca della filosofia, unita spesso al sentimento religioso, che prende il nome di bioetica e non sempre d’accordo su tutto ciò.

Insieme alla scienza, spesso la tecnologia è posta sul banco degli imputati per situazioni che riguardano la vita. Come la scelta del suicidio assistito, opzione che molte cliniche in Svizzera e Stati Uniti offrono e sempre aspramente criticata dalla Chiesa. Oppure la decisione di staccare la spina a un paziente in coma, supplizio atroce come lo fu per i genitori di Eluana Englaro. Si tratta sempre di una macchina a cui l’esistenza di una persona è legata: ma ad accenderla o spegnerla è sempre e comunque un uomo.

Giusto o sbagliato in questi casi sono distinzioni inumane. Non si può certo essere contrari allo sviluppo tecnologico della medicina, solo un pazzo si rifiuterebbe di dire di no alle cure più sofisticate per combattere malattie come il cancro. Ma quando si parla di vita, una decisione unica non può esistere e ognuno è soggetto a ciò che sente dentro di sé, religione inclusa. Alla fine è questo che ci distinguerà sempre dalle macchine: il fatto di poter seguire una nostra morale. Un impegno umano a cui, comunque, la tecnologia può dare il suo contributo.



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